Salotto Letterario (Intervista a Giuseppe Galato)
Carissimi entucci bentrovati nel nostro salottino. Oggi vi presenterò il simaticissimo Giuseppe Galato, autore di "Breve guida al suicidio", un divertente e ironico manuale di suicidio. Lasciamo che sia lui con la sua simpatia a presentarsi.
1. Benvenuto sul blog Giuseppe. Come domanda rito, chiediamo sempre due righe sull’autore in modo che i nostri lettori possano conoscerti. Dicci di te, chi è Giuseppe?
Dovremmo porla alla mia analista questa domanda; se fossi stato credente avremmo dovuto rivolgerci al parroco della mia cappella (non ci sono doppi sensi sessual-volgari, lo giuro). In generale autodefinirsi è sempre un po’ un azzardo: siamo perlopiù sconosciuti a noi stessi, molto più di quanto si possa immaginare e, in ogni caso, ci troviamo in una condizione di continuo divenire, quindi potrei attribuire al mio essere uno status che fra cinque minuti potrebbe più non essere tale. Ok: dopo queste premesse penso abbiate capito che Giuseppe è uno sfasato, fondamentalmente. Per il resto posso dire che sono una persona che si diverte a fare le cose che gli diverte fare. Sono stato poco chiaro? Penso proprio di si. Diciamo che mi piace leggere e quindi scrivo; mi piace la musica e quindi suono: non mi considero uno scrittore ma “uno che scrive”; non mi considero un musicista ma “uno che suona”. Istituzionalmente parlando sono giornalista pubblicista, ad ogni modo; ma è così noioso parlare di ciò. Dopo tutte ‘ste righe (che sono ben più di due) possiamo rispondere alla domanda “chi è Giuseppe?”: Giuseppe è una persona logorroica.
2. Quando, in te è nata la voglia di scrivere e quale è stato il tuo primo approccio?
Al liceo: mi piaceva la filosofia e mi azzardavo in brevi riflessioni pseudo-filosofiche; anche i temi in classe hanno avuto una loro valenza, ad ogni modo. La scuola è vista troppo come una costrizione; lo è la cultura in generale percepita come costrizione; questo perché così ci hanno insegnato a guardare ad essa: un popolo ignorante è più facile da controllare. Considerando anche che gli insegnanti cercano di farsi valere in maniera impositiva sugli alunni, non facendoli appassionare alle proprie materie; sarà che le odiano pure loro stessi? Ecco, sono ripartito con una delle mie associazioni libere e sono andato fuori tema. Ritorniamo alla domanda: i primi approcci veri e propri con la scrittura sono venuti su Splinder, quindi sul net: scrivevo pensieri più o meno in forma romanzata, magari fatti che mi erano accaduti, cercando però di dargli una forma particolare. Prima di ciò avevo però scritto articoli (percorso che mi ha portato poi a diventare giornalista) e mi ero cimentato con la stesura di sceneggiature. La voglia di scrivere è nata di sicuro per comunicare, ma non sottovaluterei altri due aspetti che lego al processo creativo, e cioè il bisogno terapeutico di tirare fuori quanto abbiamo dentro e la voglia di apparire “belli” o “attraenti” agli occhi degli altri con il preciso scopo di scopare, fondamentalmente, come il pavone che mostra la ruota: siamo pur sempre animali. Ad ogni modo scrivere, l’inventarsi mondi che non esistono, è un po’ sintomo di voler evadere; come accade agli schizofrenici; quindi scrivere (quando fatto per impulso e non per commissione) è, fondamentalmente, un atto schizofrenico. Quindi scrivo perché sono profondamente disturbato a livello psicologico.
3. Parliamo adesso della tua divertente guida, Breve guida al suicidio. Come ti è venuta l’idea?
La gente innamorata scrive frasi o canzoni d’amore: io volevo suicidarmi e ho scritto “Breve guida al suicidio”. No, non è vero, ho detto una bugia: in realtà chi scrive frasi e canzoni d’amore vuole scopare; o fare soldi sfruttando un canale già ben rodato come lo è il concetto di “amore” (così svilito in queste pratiche) che facilmente arriva alle masse; o entrambe le cose. No, ja: sto essendo (“sto essendo” suona malissimo come espressione ma ha un certo suo fascino) troppo cinico. Abituatevici, se vorrete leggere il mio libro. Ad ogni modo l’idea nacque guardandomi attorno, guardando al malessere diffuso fra le persone che conosco: pensai che sarebbe stato interessante organizzare dei “Suicide Party” (di cui parlo appunto nel libro) dove si offre all’avventore il modo per potersi suicidare come più gli aggrada. L’impostazione che ho voluto dare è stata quindi quella del mix fra ironia cinica e denuncia: dato che sono un tipo a cui interessa criticare e analizzare il reale, in tutte le sue sfaccettature, pensai che questa idea di utilizzare il suicidio come mezzo per far arrivare dei messaggi di denuncia potesse essere interessante. Il collegamento con i suicidi sul mondo del lavoro venne naturale, e da qui nacque un altro degli estratti, quello relativo al “Taglio delle vene”. E via così. Ma non dico più nulla, già mi sto dilungando troppo e, oltremodo, non vorrei fare spoiler.
4. Nel tuo libro troviamo storie molto divertenti, che fanno ridere di continuo. Parlaci di queste storie e da cosa ti sono state ispirate.
Mi fa piacere che il libro ti abbia divertito: sentivo il bisogno di far sorridere (e sorridere io stesso) parlando di brutture. Perché il libro, in fin dei conti, parla di cose bruttissime, come sfruttamento, inquinamento, coercizione del pensiero e tante altre cose che l’essere umano ha imparato a fare bene in quei pochi attimi, paragonati ai tempi universali, in cui ha calpestato il suolo terrestre. L’uomo è così misero: l’uomo del 21esimo secolo lo è forse ancora di più. Più che mai c’è una diffusione dell’ignoranza a livelli globali (questo grazie ai social, che velocizzano la comunicazione ma portano l’individuo a voler velocizzare anche la fruizione, e quindi ci si concentra molto meno relegando l’acquisizione di informazioni a una lettura o una fruizione di tipo veloce e non approfondita: magari leggo solo il titolo, spesso fuorviante, e non il corpo dell’articolo; non faccio ricerche collaterali. Il tutto misto al concetto di “visibilità”, che per molti acquista il valore di “popolarità”, che i social offrono: quindi tutti vogliono essere protagonisti e si sentono in “dovere” di dire la loro). Questa ignoranza, tra l’altro, è molto spesso mascherata dietro una falsa cultura creata ad hoc ma, di fatto, fatta di luoghi comuni e frasi fatte, dogmi che non portano a una evoluzione; “evoluzione” come reale crescita culturale. Prova a far capire a un individuo del “nuovo secolo” quanto è ignorante: c’è un camminare di pari passo di ignoranza e superbia. Questo preambolo per dire che ci sono sempre più intelligentoni che parlano e sparlano di cose che non conoscono, a ruota libera, opinionisti dei social, che fanno malissimo alla comunicazione. Prendi la questione del traffico di rifiuti tossici che ora è fissa sulle bacheche di Facebook di una miriade di persone. Dico io, queste cose si sanno da almeno un decennio, se non di più. Io, ti sarai accorta, affronto la problematica in “Breve guida al suicidio”: ora non riesco a scriverne in bacheca, perché mi sembra così idiota. Che poi non c’è nessuno che analizza il problema in maniera ponderata: ci si limita a pateticizzare la questione senza porsi la domanda del perché accadono queste cose. Siamo miseri. Mi rendo conto, comunque, che sono uscito ancora fuori traccia: mi salvo in calcio d’angolo (io, che non ho mai seguito un pallone) dicendoti che la principale fonte di ispirazione per ciò che narro sono proprio le miserie umane.
5. Quale genere letterario ti attira di più e perché?
Guarda, sono abbastanza onnivoro. Poi vado a periodi. Attualmente di sicuro cerco cose più ironiche, divertenti e fantasiose: i drammi non li sopporto (sarà che ho superato la condizione di eterna infelicità adolescenziale). Posso dirti però che non sono un appassionato di poesia: non sono un amante delle metafore, anzi spesso mi irritano. Ma sono sicuro sia un limite mio.
6. C’è qualche autore da cui trai ispirazione?
R: In molti mi hanno detto che il mio stile assomiglia a quello di Calvino, ma non in questo caso. Ho scritto varie cose, ma mai sullo stile di “Breve guida al suicidio” che, nonostante sia la mia prima opera completa pubblicata, non è la prima cosa che ho scritto. Per “Breve guida al suicidio” mi sono ispirato a Douglas Adams per quanto riguarda la forma e a Woody Allen e Monty Python (si, questi ultimi non sono propriamente scrittori) per l’ironia e il sarcasmo. E anche a Paolo Villaggio e al suo “Fantozzi”, che nasce prima come racconti e poi come personaggio filmico.
7. Quanto conta secondo te la pubblicità sui social per un esordiente?
Ormai la pubblicità sui social conta anche per i “grandi”: il tam tam che si crea sui social è qualcosa di assurdo, oltre che spaventoso. Tutti si sentono in qualche modo al centro dell’attenzione e protagonisti, per una sorta di smania di fama (gli emblematici “quindici minuti” warholiani), e ognuno deve dire la sua, anche non sapendo un cazzo di ciò che sta dicendo, come dicevo prima, ma fa bene ripeterlo: è pericoloso ciò. Tornando alla domanda, la pubblicità sui social serve molto relativamente: i prodotti che “tirano”, che vanno avanti, sono quelli con un budget economico alle spalle, vuoi investito da chi ti produce, vuoi investito da te stesso. Vedi quanto piede sta prendendo il sistema degli uffici stampa che offrono servizi anche ai poveracci (persone che non hanno un contratto con una casa editrice o etichetta o chicchessia). È un sistema di merda, anche peggio di quello che c’era prima; è un sistema dove, in nome di una falsa pluralità, si spenna un sacco di gente che magari, mi dispiace dirlo, non ha le qualità per fare l’artista o quel che sia. Magari io sono uno di loro, eh, ma almeno non ho speso una lira di tasca mia, considerando che “Breve guida al suicidio” prima l’ho messo in download gratuito e poi, notato da Edizioni La Gru, mi è stato pubblicato senza richiesta di partecipare economicamente e senza obbligo di acquistare copie (lode a loro). È triste che tutto passi attraverso i soldi, ma non vorrei si pensi sia una problematica attuale: è sempre stato così, solo che oggi è un processo globalizzato; ma Michelangelo senza chi gli pagava i lavori commissionati o grazie alla sua condizione famigliare avvantaggiata magari non sarebbe stato tale; Van Gogh è infatti morto di fame e la speculazione economica è arrivata dopo la sua morte. Soldi, soldi, soldi. Non voglio naturalmente generalizzare, ci sono le eccezioni e le diversità in base all’epoca e al periodo storico e culturale. Diciamo che la cultura, in linea di massima, non è mai stato retaggio delle masse ma delle élite, dall’aristocrazia ai magnate. Con l’avvento della cultura di massa è stata poi elargita, per l’appunto, alle masse. Se all’inizio c’è stata una reale partecipazione il tutto è poi sprofondato in un una mera mercificazione del prodotto, in una fruizione di esso non più di tipo partecipativo ma impositiva: ci dicono cosa sia giusto o cosa sbagliato; chi lo dice è chi ha il potere mediatico, che si acquista; quindi chi lo dice è chi ha il potere economico; c’è chi tenta di andare contro e crea delle élite contrarie ma sempre dogmatiche. Ci facciamo facilmente etero dirigere (anche in senso contrario, come dicevo), senza neanche rendercene conto: dovremmo imparare ad apprezzare le cose calandole nel giusto contesto in cui nascono e analizzandole per tali. Ma è difficile per molti, abituati come sono alle loro convinzioni e mai pronti a dubitare di ciò in cui credono di credere: io cerco di farlo.
8. Spiega ai lettori perché dovrebbero leggere la tua guida.
No, ma non leggetela. Invece vi consiglio di leggere l’ultimo libro di Moccia o di Fabio Volo: sempre siate fan della fantascienza.
9. Hai dei nuovi progetti in cantiere di cui puoi parlarci?
Ho tante cose in cantiere, tutte lasciate a metà. E, ti dirò, essendo rimasto molto deluso da come sono andate le cose fino ad ora con “Breve guida al suicidio” non so quanto avrò la forza di affrontare un nuovo percorso simile. Perché scrivere è anche fatica, e non vedere quegli sforzi in qualche modo appagati frustra. Per ora sono tornato al mio primo amore, la musica: sto registrando un po’ di robe nuove e, chi lo sa, magari mi va di culo in musica e, una volta diventato ricco, famoso e appetibile sessualmente anche gli interessi sulle mie opere letterarie acquisteranno interesse. Per ora me ne vado a finire la raccolta delle olive; che è un po’ come fare palestra gratis; o, meglio, fare palestra e venir pagati: cosa vuoi di più dalla vita?
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