Ti Racconto Una Leggenda | Tanabate

by - giovedì, gennaio 10, 2019


In molti manga viene citata la festa di Tanabate ma che cos'è in realtà? Perché è una festa che si festeggia solo in Giappone? Be scopriamolo insieme...

Tanabata (七夕? "settima notte") è una festa tradizionale giapponese derivata dall'equivalente festival cinese di Qīxī.

Cosa celebra questa festa? per scoprirlo dobbiamo tornare a tantissimi anni fa quando sulle sponde del fiume celeste abitava una bellissima principessa di nome Orihime, figlia di Tentei, imperatore del cielo e sovrano di tutti gli dei. La principessa viveva col padre e passava tutte le sue giornate a tessere la tela con cui poi cuciva preziosi abiti per tutti gli dei. Orihime lavorava molto duramente per far felice il padre ma era triste perché a causa del suo lavoro non avrebbe mai potuto incontrare nessuno. Un bel giorno, Tentei, grazie all’amore per la figlia e al dispiacere che provava nel vederla così triste, decise di darla in sposa ad un bellissimo giovane di nome Hikoboshi, un mandriano che aveva il compito di far pascolare i buoi sacri.

Per i due giovani fu amore a prima vista. Essi si innamorarono follemente l’uno dell’altra ed erano talmente felici che, presi dall’amore e dalla passione, trascorrevano ogni giornata insieme, dimenticandosi di tutto il resto, anche dei loro doveri. Di conseguenza, Orihime non tesseva più la sua tela, lasciando gli dei senza abiti, e i buoi di Hikoboshi vagavano senza controllo per tutto il cielo. Questo scatenò la rabbia di Tentei, che non poteva tollerare questa situazione e, per porvi rimedio, fu costretto a punire severamente i due sposi. Per evitare che i due avrebbero potuto incontrarsi, rischiando così di abbandonare nuovamente i loro doveri, l’Imperatore del Cielo creò due sponde separate dal fiume Ama-no-gawa (Via Lattea) e rendendolo anche impetuoso e privo di ponti fece si che i due non potessero mai più incontrarsi. Il risultato non fu però quello sperato: il pastore sognando e pensando sempre alla sua innamorata non accudiva ugualmente le bestie e neppure la dolce fanciulla, pensando continuamente al suo amore cuciva più i vestiti agli dei.


Il sovrano allora, disperato e mosso da pietà e commozione, con il consenso anche degli altri dei altrettanto commossi, emise tale sentenza: “Se deciderete di ritornare ad occuparvi delle vostre attività come un tempo rispettando i vostri doveri, rimarrete divisi dalle sponde del Fiume Celeste per un anno intero però, vi sarà consentito di potervi incontrare una volta soltanto nella notte del settimo giorno del settimo mese dell’anno.”

A queste parole, i due giovani innamorati, pensando all’idea di potersi incontrare di nuovo ripresero di buona lena a lavorare sodo con la speranza di potersi presto riabbracciare. Da quel momento in poi infatti, dopo un anno di lavoro e fatica i due il sette luglio attraversano il Fiume Celeste e nel cielo stellato si incontrano.

Ancora oggi nelle notti d’estate possiamo alzare gli occhi al cielo ed ammirare il Fiume Celeste, ai cui lati si possono scorgere due brillanti stelle: Vega, la principessa Orihime ed Altair, il pastore Hikoboshi. Accanto ad Altair ci sono anche due piccole stelle che la leggenda vuole siano i figli dei due innamorati.
Quella di Orihime e Hikoboshi è quella più conosciuta ma c'è ne un altra più romantica e anche più bella direi....

Tanti e tanti anni fa c’era un luogo che ai giorni nostri viene chiamato Via Lattea. Questa era suddivisa in due mondi: uno di essi era abitato dagli esseri umani e l’altro era la regione riservata alle divinità.

Il mondo degli uomini era ad occidente, mentre ad oriente c’era il mondo delle divinità, e non c’era mai modo d’incontrarsi tra gli uni e gli altri. Nella zona occidentale viveva un giovane bellissimo chiamato Kengyû, che conduceva ogni giorno le mucche al pascolo essendo il suo mestiere quello di mandriano e. praticamente, passava le sue giornate con loro.

Nella zona orientale, dove vivevano le divinità, c’erano le sorelle della splendida Orihime che, insieme a lei, tessevano abiti preziosi. Orihime era la più giovane delle sorelle ed oltre ad essere straordinariamente bella aveva un’abilità eccelsa nell’arte della tessitura. Kengyû ed Orihime vivevano ciascuno nella zona riservata a loro nella vastissima Via Lattea.

Un giorno, tuttavia, Kengyû con le sue mucche stava percorrendo i prati del cielo e, senza accorgersene, si trovò nella zona orientale della via lattea. Proprio in quel momento Orihime e le sue sorelle stavano facendo il bagno dopo che avevano deposto sui rami degli alberi i loro splendidi kimono di seta. Kengyû rimase affascinato dalla figura delle belle sorelle e non sapeva che erano delle divinità. Era una vista incantevole. Kengyû era soprattutto attratto dalla più giovane delle sorelle e il suo cuore venne rapito dalla sua bellezza. I suoi occhi erano quelli di un giovane che per la prima volta era illuminato dal fuoco dell’amore.

Una delle mucche, che lo stavano osservando in quello stato, gli sussurrò a bassa voce in un orecchio:
"Kengyû, e se portassi via il kimono di quella ragazza…?"

Appena a Kengyû arrivò questo suggerimento, prese i vestiti di Orihime dal ramo dell’albero dove erano appesi e, proprio come la mucca aveva proposto, li nascose dietro ad un masso di roccia. Appena Orihime uscì dall’acqua del fiume, andò in cerca dei suoi vestiti e fu molto sorpresa e preoccupata nell’accorgersi che il suo kimono non c’era più.

Alle sorelle, senza farsi accorgere di essere senza vestiti:
“Verrò da voi più tardi", disse e si acquattò nuda in quel posto, dal momento che senza il kimono di seta non riusciva a volare. A un certo punto sentì una voce di dietro che la chiamava.

“I tuoi vestiti sono qua. Prima, però, ho un favore da chiederti”.

Voltandosi in direzione della voce appena ascoltata, Orihime vide il giovane che stava in piedi e gli mostrava le spalle.

“Mi piacerebbe se tu diventassi mia moglie”, disse Kengyû, sospinto dall’amore.
“Io devo tornare al cielo”.
Il giovane si voltò a guardare il volto di Orihime che aveva nascosto il corpo dietro la roccia.
“Mi piacerebbe che tu diventassi mia moglie”.
Nel vedere il viso di Kengyû, la sua figura virile e il bellissimo sguardo, Orihime sentì il cuore battere d’amore per lui e decise di accettare la sua proposta.

In cuor suo, comunque, c’era anche la speranza di riavere il suo kimono. Dopo non molto tempo, ai due nacquero una bambina e un bambino. Orihime, nel frattempo, non era tornata neanche una volta a casa e viveva con Kengyu che si sentiva felice. Anche i fanciulli, che erano loro nati e che erano circondati dall’affetto della dolce madre e da quello del padre, erano ugualmente felici.

Una divinità femminile che viveva sulla montagna di Konron, quando venne a sapere che Orihime viveva nel mondo degli esseri umani e che, anzi, aveva perfino dato vita a dei bambini con un uomo, s’infuriò e digrignò i denti. Era, infatti, gelosa di quanto stava accadendo ad Orihime.

“Non lo si può permettere. Porta indietro Orihime il più presto possibile!“, disse al messaggero che aveva mandato dal cielo e così a forza costrinse Orihime a tornare nel suo mondo.

Kengyû ed i bambini che erano stati lasciati da soli vivevano tristi e continuavano a piangere. Non potevano, tuttavia, andare avanti così, piangendo tutto il giorno. Kengyû, allora, mise i bambini in una cesta che si caricò sulle spalle e incominciò a camminare dirigendosi verso la zona orientale della Via Lattea.

Dopo giorni e giorni di cammino, finalmente arrivò all’estremità della Via Lattea. Stranamente, però, del fiume della Via Lattea non si vedeva neanche l’ombra. Dal posto in cui si trovava Kengyû si vedeva questo fiume molto ma molto lontano. La dea aveva spostato il fiume in un luogo più elevato per impedire a Kengyu di vedere Orihime. Questi, lontani l’uno dall’altra, vivevano nella tristezza e versavano abbondanti lacrime perché non riuscivano a incontrarsi.

Il padre ed i bambini tornarono a casa e continuavano a piangere guardando il fiume della Via Lattea che si era spostato molto più in alto e lontano. Vedendoli così afflitti, una mucca si mosse a compassione e avvicinatasi bisbigliò al loro orecchio:

 "Kengyû, se io muoio, tu potrai fare una giacca con la mia pelle e, con essa, sarai in grado di salire fino al fiume della Via Lattea". 

Dopo aver pronunciato queste parole, la mucca esalò l’ultimo respiro e Kengyû pianse doppiamente al pensiero che essa aveva compreso il suo stato d’animo e, a costo della sua vita, aveva cercato di rendere possibile la realizzazione del suo desiderio. Fece subito una giacca con la pelle della mucca morta, la indossò e si incamminò, senza perdere tempo, verso il fiume della Via Lattea, con i bambini in una cesta posta sulle sue spalle.

Padre e figli arrivarono alla Via Lattea mentre le stelle risplendevano in tutto il loro fulgore. Era una vista meravigliosa. Kengyû era eccitato e fuori di sé al pensiero di poter vedere sua moglie ed i bambini cominciarono a gridare e a chiamare la mamma. A questo punto, la dea che stava osservando la scena andò su tutte le furie per la gelosia. Divise il fiume della Via Lattea, con la sua forcina, tirando una linea in modo da rendere impossibile l’attraversamento per il padre e i figli. Per l’ira della divinità, l’acqua del fiume crebbe a dismisura e tutta la Via Lattea si allagò per questa ragione. Il padre ed i bambini furono presto circondati dalle acque e quasi stavano per affogare, ma non rinunciavano alla loro impresa.

“Papà, tiriamo su l’acqua dal fiume e prosciughiamolo. Quando l’acqua sarà poco profonda, potremo attraversarlo e così abbracciare la mamma”.

Kengyû seguì il suggerimento dei figli e cominciò ad attingere l’acqua con un mestolo gettandola fuori dell’alveo del fiume. Lavorava con tutte le sue forze perché l’acqua del fiume potesse scomparire rapidamente. Quando il padre si stancava la bambina prendeva il suo posto, e quando lei si stancava subentrava il fratellino: lavoravano così a turno per attingere l’acqua e svuotare il fiume. La dea che li osservava fu mossa a pietà e:

“Smettete di attingere l’acqua del fiume. Da questo momento i bambini possono vivere con la loro madre. Farò, poi, in modo che Kengyû possa incontrare Orihime il settimo giorno del settimo mese. Una sola volta all’anno, però!”

Appena Kengyû ebbe ascoltato queste parole s’inginocchiò ed espresse la sua gratitudine alla divinità. Da allora in poi, Kengyû ed Orihime possono incontrarsi ogni anno proprio al centro della Via Lattea il sette di luglio, rinnovando la propria gioia e versando allo stesso tempo tantissime lacrime.

Anche ai nostri giorni la Via Lattea, nelle notti d’estate, risplende bianca e bellissima: su ambo i lati possiamo notare due stelle brillanti che sono Kengyû ed Orihime. A fianco di Kengyu, poi, si trovano due piccole stelle. In esse si possono riconoscere i loro due bambini.
Curiosità
La festa viene celebrata il 7 Luglio, tranne in alcune regioni, visto che il Giappone adottò il calendario Gregoriano, e quindi la festa perse la sua data precisa. Viene festeggiata comunque tra luglio e agosto. L'anno scorso venne festeggiata giorno 17 agosto, quest'anno invece cadrà sempre ad agosto ma giorno 7.

La scelta del settimo giorno del settimo mese dell’anno (in origine il riferimento era al calendario lunare e la festività cadeva in agosto), oltre ad avere una valenza sacra in quanto è un ripetersi del numero 7, dipende dal fatto che, secondo gli studiosi, è questo il periodo di massima luminosità delle stelle ed è proprio in piena estate che si nota anche una grande vicinanza tra Altair e Vega. Queste due stelle sono intimamente legate al periodo estivo nella cultura popolare, tanto che insieme a Deneb costituiscono quello noto come 夏の大三角 natsu no daisankaku, il grande triangolo dell’estate.

Per festeggiare l’incontro di due stelle i giapponesi illuminano le strade con tipiche lampade di carta, indossando lo yukata, una forma più elegante di kimono.

Tra le diverse decorazioni, ci sono i tanzaku, strisce di carta (che rappresentano i fili di seta che intrecciava Orihime vi spiegherò più avanti) … dove vengono scritti desideri , sotto forma di poesie e preghiere… e poi legati ai rami di bambù.

I più giovani chiedono a sua volta fortuna in amore o nello studio. Il giorno successivo, il ramo dell’albero o la canna di bambù vengono lasciati a galla sulle acque di un fiume oppure bruciati.

Il bambù è un elemento fondamentale di questa festa infatti le foglie in alcune zone vengono lasciate galleggiare nei fiumi, e vengono utilizzate anche per decorare case. Esiste anche una canzone che racconta di questa magica festa. 
Sasa no ha sara-sara
Nokiba ni yureru
Ohoshi-sama kira-kira
Kingin sunago
Goshiki no tanzaku
watashi ga kaita
Ohoshi-sama kirakira
sora kara miteiru
Che tradotta in italiano fà:
 Le foglie di bambù fruscianti,
ondeggiano nei vicoli.
Le stelle brillano,
piccoli granelli d’oro e d’argento.
Le strisce di carta di cinque colori
che ho già scritto,
le stelle sparluccicanti
dal cielo le stanno a guardare.
Piccola nota, perché cinque colori? Avete presente i sette colori dell’arcobaleno? Bene, per i giapponesi, storicamente, sono solo cinque!

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2 commenti

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