Review Party Tour | L'emporio Dei Piccoli Miracoli

by - sabato, novembre 24, 2018



Buon pomeriggio Lettori...
Benvenuti in questa ultima tappa del review party tour dedicato all'ultimo romanzo del maestro Keigo Higashino, L'Emporio Dei Piccoli Miracoli. La tappa di oggi è un po' particolare infatti insieme ad Emanuela del blog Book is Life Original, ci caleremo nei panni del signor Namiya e cercheremo di rispondere ad una delle tante lettere inviate a questo piccolo emporio in cerca di consigli...


Lettera di pagina 252
Buongiorno,  signor  Namiya.  Vorrei  chiedere  il  suo  parere  su  una questione che mi tormenta e per questo ho deciso di scriverle questa lettera.
Nella  primavera  di  quest’anno  mi  sono  diplomata  presso  un  istituto  tecnico  commerciale  e da  aprile  ho  trovato  impiego  in  un’azienda di Tokyo. Non sono andata all’università sia per motivi famigliari, sia perché volevo entrare nel mondo del lavoro il più presto possibile.
Tuttavia, non appena ho iniziato a lavorare, non sono stata più tanto sicura che le cose potessero andare bene in questo modo.
La mia azienda assume le ragazze diplomate soltanto per far eseguire loro semplici mansioni. Quel che faccio io ogni giorno è preparare e servire il tè, fare fotocopie e trascrivere in bella copia i documenti che gli impiegati scrivono grossolanamente. In altre parole dei compiti talmente semplici che potrebbe eseguirli chiunque.
Uno studente delle medie, per esempio, o anche un alunno delle elementari con una bella grafia. Non riesco a provare affatto quel senso di completezza che viene dall’avere un lavoro. Ho quasi il livello massimo nella certificazione di contabilità, però mi sembra che qui finirò per sprecare qualsiasi buona qualità io abbia.
Da  parte  dell’azienda  veniamo  prese  poco  sul  serio  perché  credono che le ragazze si impieghino solo per cercare un marito e, una volta trovato un uomo che faccia al caso loro, lo sposino subito e lascino il lavoro. Visto che gli affidano mansioni di basso livello  il  loro  curriculum  non  ha importanza  e,  anzi,  cambiando  spesso le giovani impiegate assunte rendono più facile agli impiegati trovarsi una moglie e allo stesso tempo possono pagarle poco. Una situazione ideale per loro.
Ma io non mi sono certo trovata un lavoro con questa intenzione.
Io voglio diventare una donna indipendente, con una consistente stabilità economica. Non mi passa per la testa di fare l’impiegata fino a quando non mi sposo.
Mentre mi tormentavo non sapendo bene cosa fare, un giorno, per strada, ho ricevuto una proposta. «Non le piacerebbe lavorare nel nostro locale?» mi hanno chiesto. Il locale in questione è un club di Shinjuku. Esatto, quell’uomo stava reclutando delle entraîneuse.
Ho  ascoltato  quel  che  mi  diceva  e  sono  rimasta  sorpresa  da  quanto fossero buone le condizioni contrattuali. Non c’era proprio paragone con l’azienda in cui lavoro. Mi sono parse talmente buone che ho sospettato ci fosse dietro qualcosa.
L’uomo mi ha invitato ad andare a trovarlo al locale, così avrei potuto  capire  come  funzionava,  e  io  ho  deciso  di  rischiare.  Una  volta lì ho avuto uno choc.
Dalle parole «club» e «intrattenitrice» mi ero immaginata qualcosa di losco e invece quello che mi si è parato davanti agli occhi era  un  mondo  adulto  e  sfavillante.  Le  donne  non  erano  soltanto vestite splendidamente, ma sembravano sforzarsi in ogni modo di pensare a come soddisfare i clienti. Non sapevo se sarei stata in grado di fare anch’io altrettanto, ma ho deciso che valeva la pena accettare la sfida.
E così è iniziata la mia nuova vita in cui di giorno vado in ufficio, e di sera lavoro nel locale come intrattenitrice. In realtà ho diciannove anni ma al proprietario del locale ho detto di averne venti. Fisicamente è piuttosto impegnativo, e trattare con i clienti è più difficile di quello che avevo immaginato, tuttavia penso sempre più spesso che valga la pena farlo. Anche dal punto di vista economico va decisamente molto meglio.
Però,  trascorsi  due  mesi,  ho  cominciato  a  nutrire  dei  dubbi. 
Non sul fare l’intrattenitrice ma sul proseguire con il lavoro di impiegata. Se insistono a farmi fare solo cose semplici, come adesso, ha senso che io continui a fare questo lavoro faticando tanto? E dedicandomi a tempo pieno all’altro non otterrei forse un risultato migliore, guadagnando più soldi? Tuttavia sto tenendo nascosto a chi mi sta intorno che lavoro nel mondo dell’intrattenimento notturno. Ho paura che, se dovessi licenziarmi  all’improvviso  dall’azienda,  creerei  un  fastidio  non  indifferente a tutti.
Però mi sembra di aver finalmente trovato la strada che voglio percorrere. Come potrei fare a ottenere la comprensione di tutti e lasciare in modo riservato l’azienda in cui lavoro? Le sarei veramente grata se potesse darmi qualche buon consiglio.
La ringrazio e la saluto,
Cagnolino Smarrito

Caro cagnolino smarrito,
in merito alla tua lettera, posso dirti che anche io se fossi stata in te, avrei accettato la proposta di diventare un' intrattenitrice. C'è da dire però, che se il lavoro in azienda ti piace, o meglio vorresti qualcosa di più, dovresti fare di tutto per parlare col tuo datore di lavoro, e fargli capire che anche una donna riesce a fare le mansioni di un uomo. Quindi in poche parole, farei di tutto per dimostrare le mie capacità. 
Riguardo l'altro lavoro, dipende... se io voglio guadagnare solo soldi, mi licenzio senza pensarci due volte, perché se è come dici tu l'azienda non impiegherebbe molto a trovare una sostituta. Ma, se invece il lavoro aziendale ti piace, farei in modo di dimostrare al mondo e anche a me stessa, di essere capace ad intraprendere mansioni più importanti che fare fotocopie e portare il Tè.
Ora la decisione finale spetta a te, per capire qual'è veramente la tua strada.



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